Descrizione
Il volume Requiem – pubblicato contemporaneamente alla mostra di Fondazione Modena Arti Visive in programma al MATA dal 6 dicembre 2019 al 13 aprile 2020 – si distingue da altri lavori realizzati in siti archeologici, anche dallo stesso Kenro Izu, specialmente per due ragioni: narra una storia e restituisce vita e dignità a quanti morirono per l’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C., incapaci di reagire di fronte a tanta improvvisa violenza. La caparbietà ostinata di Izu nell’allestire i corpi dei fuggitivi trasformati dalla lava incandescente in statue eterne, nelle varie case come negli esterni di Pompei ed Ercolano, sembra davvero restituire la vita a quei momenti.
I corpi rattrappiti che scopriamo nelle stanze o lungo i corridoi lastricati ci colgono impreparati perché li vediamo dove, forse, l’eruzione li sorprese, inermi e abbandonati dopo aver cercato invano un rifugio. Quella di Izu non è una rilettura storica per immagini in chiave fiction né staged photography, piuttosto un omaggio alla gente di Pompei ed Ercolano. C’è, in questo approccio così trasparente e lucido, la medesima partecipazione che Izu da decenni riserva a tutti quei luoghi del mondo ancora puri e sacri; c’è, verso quegli umani e animali di pietra, un profondo rispetto e una grande discrezione. Nato a Osaka nel 1949 e cresciuto ad Hiroshima, Kenro Izu inizia a fotografare negli anni settanta, completando la sua formazione presso la Nihon University di Tokyo. Nel 1970 si trasferisce a New York, dove tuttora vive e lavora. Ispirato dalle immagini del vittoriano Francis Frith e dalle antiche spedizioni fotografiche in Egitto, nel 1979 intraprende il suo primo viaggio nella terra delle Piramidi, dove resta fortemente impressionato dalla spiritualità del luogo e dal profondo senso di caducità ispirato dalla vista delle rovine. Da questa esperienza e dalle fotografie realizzate in questo viaggio prende avvio Sacred Places, il lavoro che diventerà nel tempo uno dei cardini stessi della ricerca dell’autore: per oltre trent’anni, Izu si è spinto verso mete sempre più lontane fotografando i più suggestivi “luoghi sacri” del mondo, dalla Scozia al Messico, dalla Cambogia all’India e all’Indonesia, dalla Siria al Tibet.